Un Pane da spezzare nell’era delle contraddizioni

 

Nello spunto proposto dalla Chiesa italiana per l’appuntamento di fine ottobre c’è il senso di un percorso educativo: a un mondo dominato dall’utilitarismo, l’Eucaristia continua a mostrare la logica dell’amore.

L’Ottobre missionario appena iniziato rappresenta un’occasione privilegiata per riflettere sull’urgenza dell’evangelizzazione in un mondo che ha fame e sete di Dio.

A questo proposito, è illuminante lo slogan scelto quest’anno per promuovere un appuntamento tradizionale che avrà il suo culmine nella Giornata missionaria mondiale in programma il 24 ottobre prossimo: «Spezzare pane per tutti i popoli».
Una scelta voluta dalla Fondazione Missio, l’organismo pastorale della Cei preposto all’animazione missionaria, dalla forte valenza eucaristica, in vista del Congresso eucaristico nazionale di Ancona, in programma il prossimo anno.
D’altronde, non è un caso se i primi cristiani chiamavano la Cena del Signore fractio panis , a significare il gesto straordinario della condivisione intesa come offerta.

In effetti, se provassimo a ricercare il significato antropologico che il dono sottintende, scopriremmo che esso esprime l’idea della circolazione delle cose nella società, affermando una relazione che diventa scambio. Il dono allora è un qualcosa che dovrebbe spingere il ricevente a ricambiare, dando luogo a un movimento circolare. Ma la visione evangelica – tipica peraltro della missio ad gentes – si spinge ben oltre la prospettiva utilitaristica incentrata sull’assioma del 'dare per ricevere'.

L’identità cristiana si fonda sul precetto dell’amore, nella consapevolezza, come dice Gesù che «c’è più gioia nel dare che nel ricevere».
È questo il valore aggiunto della fede cristiana in forza della quale non si fa il bene per ricevere il contraccambio, ma lo si fa gratuitamente, senza paura di 'perdere' qualcosa, nella consapevolezza che Dio è provvidente. La cosiddetta 'cooperazione missionaria tra le Chiese' ha proprio questo fondamento.
Basta ascoltare la testimonianza di tanti dei nostri missionari e missionarie che operano nelle periferie del mondo per comprendere che è molto più quello che loro hanno ricevuto dai poveri rispetto a quello che essi stessi hanno preteso di dare loro.

Ma per spezzare il pane generosamente, occorre soprattutto acquisire una nuova mentalità, attualizzando il Vangelo e cercando di cogliere i 'segni dei tempi'. Ce lo rammenta nella sua missiva per la Giornata missionaria Benedetto XVI affermando che «in una società multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, i cristiani devono imparare a offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli».

Una visione della realtà, questa, davvero 'cattolica', che esige un rinnovato impegno dei credenti. Oltretutto, «il numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno parte della Chiesa – scriveva Giovanni Paolo II – è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio è quasi raddoppiato.
Per questa umanità immensa, amata dal Padre che per noi ha inviato il Suo Figlio, è evidente l’urgenza della missione» ( Redemptoris Missio 3 ). Mai come nel nostro tempo sono esistiti sulla faccia della terra miliardi di persone e miriadi di gruppi culturali a cui la Parola di Dio non è mai arrivata. Nel mondo, poi, si rilevano situazioni estremamente contraddittorie: la crisi dei mercati finanziari che ha penalizzato i ceti meno abbienti, il perdurare di modelli di sviluppo economico e tecnico nei Paesi industrializzati che non tengono conto del bene comune.
Non dimentichiamo, inoltre, che circa tre quarti della popolazione mondiale vive in situazioni di povertà, e si tratta in gran parte dei 'non evangelizzati'.
Ma anche nei Paesi industrializzati di tradizione cristiana (Europa e Americhe) la situazione culturale e sociale è così cambiata che molta gente non si ritrova più in sintonia col messaggio evangelico.
Da ciò l’esigenza di una 'nuova evangelizzazione', per illuminare il percorso umano caratterizzato da grandi contraddizioni: ricchezza e povertà, certezze e insicurezze, conquiste e sconfitte. Il problema è che per fare ciò occorre avere il coraggio di mettersi in profonda discussione.

Se vogliamo un mondo migliore, occorre la parresia dei tempi difficili intesa come coraggio di osare. La sfida consiste nel coniugare Spirito e Vita, nel senso che oggi più che mai la Parola deve uscire dalle nostre sacrestie entrando nelle vicende umane, in un’epoca caratterizzata da una nuova cultura planetaria, dalla globalizzazione, da nuovi fondamentalismi religiosi e da forme di ingiustizia strutturali sempre più gravi. Sull’esempio dei nostri missionari, non resta allora che rinnovare il nostro impegno battesimale, 'spezzando pane per tutti'.

Giulio Albanese